LA NASCITA DEL COMBAT TRAINING PROGRAM

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LA NASCITA DEL COMBAT TRAINING PROGRAM

Chi conosce gli altri è sapiente,

chi conosce sé stesso è illuminato

Lao Tzu

Se ti confesso il numero di volte che ho pensato seriamente di mollare la pratica di una qualsiasi disciplina di SdC, sono più che convinto che non crederai al numero che ne uscirebbe fuori in oltre 15 anni di allenamento.

Il fatto è che ho un difetto: non sono mai stato un tipo che, quando si mette a fare una qualsiasi cosa, si limita a seguire il libretto di istruzioni o ciò che gli viene detto senza chiedersi quantomeno il motivo che sta alla base di quello specifico procedimento.

Ogni volta che devo fare qualcosa di nuovo o che mi si proponga anche ad esempio un nuovo esercizio, ho il cervello che mi ragiona in maniera schematica.

La scena che ne uscirebbe sarebbe questa:Per intenderci meglio, riportiamo il tutto in una tipica sessione d’allenamento di un qualsiasi SdC.

  • Coach: “Fai questo esercizio xy
  • Io: “ok, lo faccio”
  • Nel frattempo, il mio cervello: “a che serve questo esercizio? Quali benefici mi porta?

Quindi mentre eseguo l’esercizio, chiedo:

  • Io: “ehy coach, ma a che serve questo esercizio?
  • Coach: “serve per questo motivo, che ti rinforza così questa cosa qua e bla bla bla

Questa è la scena tipica che si potrebbe presentare ai nostri occhi e fin qui tutto bene.

Ma cosa c’entra come ragiona il mio cervello con il fatto che molte volte volevo mollare gli SdC?

Lascia che ti racconti una storiella, la mia, e poi ti sarà tutto più chiaro.

Sono il più piccolo di tre figli, ero il classico bambino un po’ cicciottello (“perché la pancia è tutta altezza” cit.) e occhialuto cresciuto con un’infanzia non tanto degna di essere ricordata.

Non ho mai avuto la possibilità di giocare con mio padre come facevano gli altri ragazzini miei coetanei poiché era spesso fuori casa per lavoro e, non essendo stato proprio una buona guida da seguire in termini sportivi, quando era a casa, o non aveva tempo o si sentiva troppo stanco per muoversi insieme a suoi figli.

Durante le scuole a volte venivo deriso ed emarginato a causa della mia prestazione fisica alquanto scadente e avere una situazione economica familiare abbastanza limitata non aiutava per niente a migliorare la situazione.

Per via di questi svariati problemi economici, la mia famiglia non poteva permettersi di mandare tutti e tre i figli a praticare una qualsiasi attività sportiva, pertanto ho dovuto aspettare di poter lavorare per pagarmi la palestra e rimettermi in forma.

Essendo una famiglia molto numerosa da parte di mio padre, a gravare su tutto vi erano pure rapporti interfamiliari pieni di litigi e situazioni che, per farla breve, contornavano la mia vita in maniera non molto piacevole.

Per tutti questi motivi mi ritrovavo spesso al non avere molte amicizie. Molte volte litigavo a scuola per difendermi dagli insulti che mi facevano e, grazie alla mia stazza, molte volte le davo, ma a volte le prendevo pure.

E mi incazzavo come una iena quando le prendevo, perché non era giusto prendere le botte ed essere “sconfitto” (nel senso buono del termine sia chiaro, ero sempre un ragazzino) solo perché ero da solo contro tanti, anche se avevo ragione.

Passavo la maggior parte delle giornate senza far nulla di costruttivo, sono cresciuto con Dragon Ball e mi rinchiudevo pomeriggi interi nei giochi di lotta della PlayStation.

“Tekken”, “Mortal Kombat” e “Dead or Alive” erano i miei preferiti.

In quei giochi vedevo prender vita il mio desiderio più profondo…

La voglia di rivalsa, la voglia di emergere e di dimostrare a tutti che, a differenza di come credevano coetanei e insegnanti, Graziano in verità era solo un ragazzino che voleva dare il meglio di sé per vincere, proprio come in un combattimento di Tekken, nella vita di tutti i giorni.

Negli anni presi la consapevolezza di avere quindi un bivio davanti da dover superare assolutamente:

  • Lasciarmi abbandonare alla situazione che mi si era creata attorno e far sì che il destino decidesse per me
  • Ribellarmi, lottare e fare di tutto per ottenere qualcosa di meglio dalla mia vita

Grazie al sostegno della mia famiglia e delle poche persone a me vicine che mi hanno sempre accompagnato, scelsi la seconda.

Quindi a 14 anni iniziai finalmente a lavorare, prima in fabbrica dallo zio, poi in una camionetta dei panini nelle stagioni estive e nei fine settimana per mantenermi in autonomia senza dover chiedere nulla ai miei genitori.

Ero deciso e motivato a tutti i costi a cambiare il mio status.

Ma questa decisione mi fu fatale poiché non ho potuto raccogliere bei ricordi della mia adolescenza.

A causa del lavoro che svolgevo, il sabato sera al posto di uscire con gli amici gli facevo il panino per cena dalla camionetta.

Ma questa esperienza come tante altre mi portarono per fortuna ad essere molto più responsabile e “adulto” dei miei coetanei.

Con l’intento di imparare a lottare e a difendermi e potendomi permettere di farlo finalmente in maniera indipendente, da adolescente iniziai a praticare il kung-fu[1], uno dei migliori sport che insegnano la disciplina, la dedizione ed il sacrificio.

Ero molto indietro rispetto a coloro che iniziavano a praticarlo a 5 o 7 anni ma, con la mia testardaggine, convinto di aver fatto la scelta giusta e nonostante nessuno credesse in me, feci i salti mortali e raggiunsi in pochi anni la cintura nera 1° DUAN e la certificazione di allenatore.

Qualifiche che però non portarono a nulla in termini pratici.

Se non lo sai, ti spiego brevemente una cosa. Il kung-fu, per come si è diffuso nel mondo, altro non è che solo un’esibizione simil ginnastica acrobatica che simula un combattimento con armi o a mani nude contro uno o più avversari.

Attenzione, con ciò non voglio dire che il kung-fu in senso generico non serve a nulla, ho conosciuto personalmente molti maestri di kung-fu che sanno benissimo come difendersi e lottare, pertanto non me ne vogliano i praticanti.

Dobbiamo ammettere però e in tutta sincerità che il kung-fu, quello agonistico diffusosi nel mondo, non ha l’obiettivo di dimostrare come si lotta e ci si difende.

In una gara agonistica non si combatte tra due contendenti, bensì vince chi riesce meglio a saper interpretare i vari stili di combattimento (tradizionali e moderni) che si sono diffusi nel corso dei secoli, seguendo determinati parametri di valutazione.

Quindi sappi che se sei intenzionato a praticare il kung-fu in stile Bruce Lee per imparare a difenderti, a mio parere o te ne vai a fare il monaco shaolin in Cina, oppure è meglio se cambi disciplina.

Ad ogni modo, nel corso di questi anni seguirono svariate gare nazionali e internazionali, pagate con i miei sudati guadagni in parallelo agli studi.

A 18 anni arrivò il diploma come Perito Tecnico a pieni voti e, deluso dal kung-fu e da come si era diffuso nel mondo, decisi di praticare prima il sanda, meglio conosciuta come sanshu, la boxe cinese, poi la Muai Thay, la boxe thailandese, entrambi a livello agonistico.

Ecco qui che entra in gioco il mio cervello ed il mio modo di ragionare che poi ammettiamolo, non è proprio da sciocchi ragionare in questo modo, anzi.

Nel corso degli anni che praticavo con costanza diverse discipline, rimanevo sempre più deluso da ciò che c’era all’interno del mondo degli sport da combattimento, sentivo che mancava qualcosa, anche se ancora non avevo capito cosa.

Ogni volta che mettevo in dubbio qualcosa, o semplicemente chiedevo le motivazioni che stavano alla base di determinati allenamenti, le risposte erano sempre le stesse:

  • Coach: “io mi ci sono allenato 15 anni in questo modo, ed ho conquistato il titolo xy proprio grazie a questi allenamenti
  • Io: “ok coach, ma precisamente, questo esercizio che cosa allena?
  • Coach: “e di qui, e di là, perché se fai così, ecc ecc ecc

Il fatto è che tutti gli allenatori a cui chiedevo qualcosa, altro non erano che ex atleti con almeno 10-20 anni di esperienza sul campo, senza la minima conoscenza né dei criteri di allenamento, né tantomeno del motivo per cui determinati esercizi e sessioni di allenamento si facevano proprio in quel modo...

Nella mia testa, quindi, iniziava a farsi largo l’idea di diventare io stesso un maestro ed istruttore, ma con l’intento di essere molto più preparato di coloro che dicevano

  • IO CON QUESTI ALLENAMENTI CI HO FATTO 15 ANNI DI CARRIERA DA PROFESSIONISTA!!!

Bene, ma quanti di coloro che ti seguono hanno ottenuto gli stessi risultati con lo stesso allenamento? Che risultati agonistici hai ottenuto tu?[2]

Tornando a noi, da dove iniziare quindi? Ero perplesso e non sapevo a chi chiedere consiglio…

Quindi cominciai a strutturare l’idea di cosa volevo essere e diventare da grande e, come tutti i ragazzi ambiziosi e con la voglia di spaccare il mondo della mia età, la modestia non faceva per me tanto da pensare di diventare il miglior preparatore atletico specializzato in SdC di sempre.

Adesso che avevo ben chiaro cosa diventare però, bisognava partire da qualche parte, quindi misi da parte gli studi tecnici da Perito Tecnico e

  • HO DECISO, VOGLIO ENTRARE ALL'UNIVERSITÀ, FACOLTÀ DI SCIENZE MOTORIE

Primo anno, sono fuori dai primi cento posti, non entro.

Pertanto, mi metto a lavorare come un matto, decido di guadagnare i soldi per andare un mese in Cina intenzionato a conoscere il vero mondo del kung-fu, così da conoscere personalmente la differenza tra il vero kung-fu e ciò che si era diffuso nel mondo.

Ci riesco. Parto a fine luglio del 2010 e mi ritrovo in tutt’altro mondo, fantastico e stupendo…

Intere scuole di arti marziali che si svegliano alle 4.30 del mattino per andare a correre TUTTI insieme, TUTTI i giorni, dal primo allievo appena arrivato di 5 anni, fino ai ragazzi più grandi, con CADENZA MILITARE.

Ah, dimenticavo, in Cina le scuole più piccole contano più di 10.000 allievi.

Ma era diventato un mondo che purtroppo non faceva più per me.

Il picchiare forte e duro della Muay Thai, i calci della Kick Boxing e le proiezioni dirette e concise del Sanda senza fronzoli o stili vari, mi avevano letteralmente ammaliato con la loro dinamicità e con il loro carattere diretto, chiaro e conciso.

Ritorno a fine agosto dello stesso anno e immediatamente riprovo i test universitari, finalmente entro ed inizio gli studi.

Passa qualche mese, mi do le prime materie, tutto procede per il meglio.

Continuo ad allenarmi nelle varie discipline, e parallelamente inizio a testare su di me altri allenamenti extra per cercare in qualche modo di ottimizzare i risultati in tutta autonomia, fino a che un bel giorno mio padre se ne esce con questa notizia:

  • Mio padre: “Hanno indetto un concorso a livello nazionale per una borsa di studio di € 27000 per studiare e fare uno stage direttamente nella più grossa casa automobilistica italiana. Prendono solo 10 persone ed il bando è aperto ai Periti con voto sopra il 90/100 ed ai laureati e laureandi triennali in ingegneria e affini. Perché non partecipi?
  • Io: “Ma papà, come posso competere con dei futuri ingegneri? e poi ho deciso di chiudere con le materie tecniche
  • Mio padre: “Ma che ti interessa?? Non hai nulla da perdere ed è una bella borsa che potrebbe aiutarti a mantenere gli studi, inoltre il concorso lo fanno qui in città, quindi provaci. Nella peggiore delle ipotesi ritorni a studiare per come stai già facendo

Un po’ indeciso e con la sfacciataggine di colui che di proposito non aveva studiato né tantomeno aveva ripassato assolutamente nulla perché già sapeva come andava a finire (ovvero che sarei stato scartato subito), lo faccio.

Eravamo in 300 circa, di cui la maggior parte tutti ingegneri o aspiranti tali con la puzza sotto il naso.

Il test scritto mi sembra estremamente difficile, ma mi concentro e completo tutto ciò che posso. Quel giorno me ne tornai tranquillo a casa, convinto di essermi tolto un peso di dosso avendo accontentato finalmente mio padre.

Inaspettatamente però rientro tra i primi venti, passando la prima selezione.

  • Cosaaaaa???? Sono passato?!?!?

Ero incredulo. Com’è possibile che un semplice perito sia riuscito a fare di più di ingegneri o aspiranti tali?

Ora lascia che ti dica una cosa, perché il fatto che io lo abbia passato, non vuol dire che io sia un genio, perché non penso di esserlo e non mi ci sono mai sentito. Il problema è diverso.

Il problema sta nel fatto che il 99% della gente che si prende una laurea in generale, non appena si ritrova quel pezzo di carta tra le mani, pensa di trasformarsi immediatamente nell’onnisapiente sceso in terra per salvare tutti noi comuni mortali dal male oscuro. Senza che magari abbia mai anche solo cambiato una lampadina.

Io ho solo il difetto (o la fortuna???) di avere un cervello che ragiona in maniera metodica:

Il mio cervello quando ragiona, va per step in sequenza:

Vuoi raggiungere il risultato XXX??? Allora devi fare YYY, poi ZZZ e poi ABAB ok???

Se fai così BENE, altrimenti fatti un giro… entiendes???

Tornando seri, questo modo di ragionare in maniera molto metodica e razionale, è lo stesso che hanno le persone di successo al giorno d’oggi. Ed è lo stesso modo corretto di ragionare che hai anche tu che stai leggendo questo libro proprio perché vuoi capire nel profondo le programmazioni d’allenamento che stanno dietro ai grandi professionisti degli SdC.

Ad ogni modo, a quel primo step seguirono poi test d’inglese, colloquio tecnico e motivazionale. E alla fine e contro tutte le aspettative che avevo, supero tutto.

Mi ritrovo infine ad essere l’unico diplomato in mezzo a nove ingegneri che mi guardano in malo modo non appena gli dico di essere un laureando in Scienze Motorie.

Inizia così il corso di studi tecnico in parallelo a quelli universitari che, inevitabilmente, rallentano.

Salgo a Torino, lavoro per otto mesi al Centro Ricerche di una grossa casa automobilistica, mi gestisco casa e lavoro in totale autonomia. L’aver lavorato fin da adolescente mi ha consentito di diventare più responsabile e di comprendere in largo anticipo il reale valore del denaro rispetto ai miei coetanei e queste qualità mi consentirono di superare le difficoltà di vivere da solo con estrema facilità.

L’organizzazione puntigliosa di tutto, mi permetteva di avere la situazione pienamente sotto controllo nonostante fosse la mia prima esperienza da indipendente e addirittura lontano da casa. Gestivo le spese, gli studi di due discipline totalmente opposte (Scienze Motorie e Studi di Meccanica) e gli allenamenti come se nulla fosse.

Contemporaneamente lì scopro un mondo della lotta totalmente diverso da quello che c’è al sud: combattimenti ogni mese, preparazioni atletiche specifiche e generali, mega palestre e tanta voglia di vincere ed emergere. Mi innamoro anche del pugilato, la noble art, che inizio a praticare sporadicamente.

Il percorso della borsa di studio termina dopo un anno e mezzo, una bellissima esperienza che mi ha permesso di accrescere il mio senso del dovere, l’importanza del sapersi organizzare, ma soprattutto mi ha cambiato la vita, donandomi la consapevolezza che:

NESSUNO MAI SI MUOVERÀ PER TE PER FARTI OTTENERE UN RISULTATO,

SE PRIMA DI TUTTO NON SEI TU STESSO A FARE IL PRIMO PASSO

Quindi ritorno a Catania e riprendo gli studi universitari. Siamo a gennaio del 2014 e nel giro di un mese supero 4 materie dell’università e cerco di recuperare il tempo perduto.

Sempre tramite il mio diploma da Perito a marzo vengo assunto in una multinazionale di gestione della rete elettrica, e un mese dopo l’assunzione mi richiamano dal Centro Ricerche per un contratto, che però rifiuto. Gli studi universitari rallentano nuovamente, ma inizio a praticare seriamente anche la boxe.

Il mio inizio nella pratica della boxe è stato un po' travagliato. Avendo già esperienza pregressa di combattimenti con la kick, il K1 e la thai, nel giro di un paio di mesi mi proposero di combattere ed io, dall’alto della mia fierezza tipica di un cavaliere d’onore che non si tira mai indietro alle sfide, ma che nascondeva ancora un’incoscienza occulta di cui non ero a conoscenza, accettai senza esitazione.

Fu un bagno di sangue. 3 round da 3 minuti che non so nemmeno io come riuscii a sostenere. Il lavoro sul ring era molto diverso, molto più dinamico e movimentato rispetto ad un combattimento di Muay Thai, ciò non mi consentiva di respirare e spezzare il fiato in maniera corretta.

Mi sentivo come un misero peschereccio che vorrebbe sopravvivere ad uno tsunami. I pugni entravano da qualsiasi lato.

Ovviamente hai già capito il risultato che ne uscì. Sconfitto ai punti per non so quale virtù dello spirito santo, perché poteva finire anche per KO o TKO senza problemi.

Questa esperienza mi portò a farmi altre domande sugli SdC e sui problemi latenti che ci stanno a monte. Problemi che però negli anni non notava nessuno.

  • Come può un istruttore di pugilato mandare al macello un allievo convinto che fosse pronto quando invece non lo era per niente?
  • Come può un istruttore pretendere di voler preparare correttamente un fighter facendogli fare sempre lo stesso allenamento tutto l’anno, spingendolo sempre al massimo?

Queste e molte altre domande mi risuonavano continuamente in testa.

Questa esperienza fu una di quelle dove veramente pensai di abbandonare tutto.

D’altronde, avevo un buon posto di lavoro assicurato, chi me lo faceva fare a prendermi continui permessi per studiare e darmi le materie? Chi mi obbligava a dover andare tutti i pomeriggi ad allenarmi per migliorare le mie prestazioni? Chi mi costringeva a fare sempre sparring per provare nuove tecniche?

Nessuno!!!

Ma nonostante tutto e tutti, continuavo ad andare avanti, seguivo le materie, passavo gli esami, mi esercitavo e provavo su me stesso nuovi modi e metodi di allenamento, ma sentivo che mancava ancora qualcosa.

Con amarezza mi stavano venendo dei dubbi su un problema che non mi sarei mai aspettato di trovare. Nel tempo stavo notando che l’università era troppo accademica, c’era troppa teoria nel mezzo e pochissima applicazione pratica.

L’esempio lampante di tutto ciò, la goccia che fece traboccare il vaso, avvenne dopo aver passato l’esame di biomeccanica, voto 27/30.

Mi sono detto

  • WOW posso dire di conoscere l’argomento

ed ecco che, comprando per pura curiosità un libro di biomeccanica applicata alle alzate di potenza dei powerlifter, scopro con mia grande sorpresa che non ci capivo un C***O in ciò che c’era scritto.

Avevo l’amaro in bocca per ciò. In quel momento mi sentivo come un’analfabeta che provava a leggere la Divina Commedia.

Per carità, non mi sentivo chissà chi ed ero consapevole di avere ancora tante cose da imparare, ma ero pur sempre un laureando in Scienze Motorie che si era fatto un mazzo gigantesco per passare al meglio quella materia specifica con un voto decente!!!!

Quel libro me lo sono dovuto leggere e studiare tre volte prima di iniziare a comprenderlo.

Ma la cosa che mi lasciò assolutamente di stucco, fu che quel libro lo aveva scritto un ingegnere che aveva solo la passione per powerlifting!!!

Ti rendi conto del paradosso?!?!?

Non lo aveva scritto un dottore del movimento né tantomeno un Chinesiologo o un Fisiatra!!!

Bensì un ingegnere!!!! che di fisiologia del movimento non sapeva nulla in quanto non era il suo settore!!!

Era però riuscito ad applicare in maniera precisissima i principi della meccanica alle alzate del powerlifting, con tanto di tabelle e schemi matematici con comprovavano tutto.

La scoperta di questo paradosso e la mia smania di voler sapere come si allenano i grandi campioni e cosa ci sta dietro alle loro preparazioni atletiche (che non sono il classico “fai 3 serie da 10 ripetizioni per ogni esercizio”) mi portò a guardarmi in giro anche fuori dall’università, comprando svariati libri di noti preparatori atletici di fama internazionale e di prendere la decisione che dovevo intraprendere anche degli studi extrauniversitari, partecipando a diversi corsi di formazione.

Tutti questi corsi furono pagati con i miei sudati guadagni che, ancora una volta, mi facevano andare in controtendenza a ciò che facevano i miei coetanei che si compravano tutti il macchinone.

Nel momento in cui scrissi questo libro, conseguii diverse Qualifiche come:

Tutti questi studi effettuati, il miglioramento delle mie prestazioni sportive, l’aumento della sicurezza in me stesso, il non aver paura a rispondere e chiedere il perché di una determinata cosa, sono solo alcuni dei risultati raggiunti grazie a tutto ciò che ho fatto e studiato fino ad oggi.

Ecco così che nasce il

COMBAT TRAINING – TO GAIN MAX PERFORMANCE OF FIGHTING

Il metodo d’allenamento che vuole aiutare in modo SINCERO tutti i Fighter e Allenatori di SdC a comprendere come creare programmazioni d’allenamento fatte “su misura” nel caso dell’atleta che deve prepararsi ad un match importante o che vuole fornire una progressione regolare e bilanciata nel caso di allenamenti di gruppo. Tutto questo tenendo sempre in considerazione i seguenti due principi:

  • IL MANTENIMENTO DELLA SALUTE
  • L’AUMENTO DELLA PERFORMANCE SENZA INTACCARE LA SALUTE

Potrai pertanto imparare come lavorare con il powerlifting, il weightlifting, il kettlebell e molti altri attrezzi utili che spesso sono banditi “perché rallentano il movimento”.

Il fatto è che, come già accennato prima, il 90% degli istruttori di un qualsiasi SdC di oggi, altro non sono che ex atleti con un bagaglio tecnico immenso, senza avere però la conoscenza adatta per farle sfruttare al meglio dal fighter aumentando le proprie capacità atletiche. Sarebbe come dire di avere un Ferrari, che però la tengo ferma o al massimo ci faccio il giro dell’isolato in prima perché non sono come si cambia marcia.

Con tale metodo non voglio “sostituirmi” agli istruttori/maestri o chicchessia che vi insegna uno SdC, bensì voglio mettere a loro disposizione le mie conoscenze, create in anni di tentativi ed errori continui fatti su di me così da poter creare il fighter che, avendo già la Ferrari, gli si possa fornire le capacità di girare al massimo, pronto a far fischiare le ruote e strappare l’asfalto da terra come se nulla fosse.

Con il Metodo Combat Training che imparerai leggendo questo libro, nulla sarà dato per scontato, ogni allenamento ti verrà spiegato nei minimi dettagli fornendoti anche tutte le motivazioni del perché utilizzare proprio quell’esercizio e non quell’altro, perché da eseguire in quel modo e non in quest’altro.

Se applicherai tutto, ti garantisco che i risultati non tarderanno ad arrivare, facendoti ottimizzare così al massimo possibile i risultati più importanti che dovrai raggiungere, ovvero essere nella tua condizione fisico-atletico-mentale migliore possibile per il giorno del match.

Questo metodo è il frutto di tutte le mie competenze e conoscenze acquisite e messe in pratica in 15 anni di esperienza in ambito di Preparazione Atletica per gli Sport da Combattimento.

È il frutto di come sono cresciuto, delle difficoltà che ho dovuto superare e di come sono diventato.

È il frutto di ciò che voglio essere e diventare.

È il frutto di ciò che sono adesso, ovvero il Dottore in Scienze Motorie con continua ad aggiornarsi, con la capacità REALE di saper applicare sul fighter che mi si pone davanti ciò che ho studiato, ottimizzando il tutto grazie anche al confronto con altri esperti di diversi settori al fine di raggiungere l’unico obiettivo che mi sono posto:

ottenere THE MAX PERFORMANCE of FIGHTING – la Massima Prestazione da Combattimento

PER ASPERA AD ASTRA